Alla ripartenza settembrina dell’ottavo anno di lavoro – sempre in notturna per non rischiare d’imbattermi in mio figlio – si presenta un impedimento.
Mi viene diagnosticata un’infezione alla vescica che a giudizio dell’urologo è da addebitare alla dieta rigorosamente calabrese delle settimane precedenti: all’ingurgitazione di palettate di peperoncino piccante e caraffe di caffè con l’anice. La combinazione delle due sostanze, aggravata dall’essere ormai alla soglia dei sessant’anni, comporta la persistenza dello stimolo ad andare in bagno senza poi riuscire a emettere che poche, incandescenti gocce di pipì.
Per fortuna, oltre al caffè, l’azienda mette a disposizione dei picker acqua naturale a volontà su tre livelli di temperatura. È importante berne la giusta quantità per evitare la disidratazione dovuta al ritmo di lavoro. Un corridore perde in media un litro e mezzo di liquidi all’ora, ma può arrivare anche a quattro o cinque in determinate condizioni. È vero che io e i miei colleghi non corriamo, ma non si può negare che la nostra andatura abbia i connotati della marcia forzata – con la complicazione dell’asimmetria dovuta al tirarsi appresso o spingere il carrello con una mano sola e del livello di pressione psicologica. Tuttavia il fattore più influente sull’equilibrio idrico corporeo sono i neon abbacinanti, incaricati di rischiarare i più remoti comparti delle scaffalature affinché i tempi di lettura dei codici a barre da parte dello scanner non abbiano a risentire di un’illuminazione insufficiente. L’insieme dei fattori ci fa trottare come se fossimo nella savana, con il sole a picco e un branco di iene non vegane alle calcagna.
Non so quanti liquidi io perda durante un turno, ma ho le idee chiare su quanti debba immetterne perché non secchino le fauci e sopraggiungano i crampi muscolari. Si tratta di litri, in misura comparabile a quelli che assumevo durante il training montano prima del colloquio d’assunzione. La differenza è che allora perseguivo l’obiettivo di purificare l’organismo, espellendone il più possibile ai margini dei sentieri che battevo; mentre adesso devo trattenermi fino all’estremo limite per evitare di perdere minuti preziosi nella toilette.
Me l’ero sempre cavata – seguendo i suggerimenti che Mister Al dispensa via display – grazie a due minzioni collocate temporalmente a metà della prima e della seconda parte del turno. Mister Al tiene conto di quasi tutto: peso, età, chilometri percorsi, intervalli di abbeveramento; ciò che non riesce a valutare è il reale quantitativo di acqua assunta dopo il prelievo della bottiglietta – che assume pari all’ottanta per cento dell’intero contenuto – e la capacità di ritenzione della vescica di ciascuno. A noi picker tocca gestire quest’ultima variabile. L’esperienza maturata sul campo suggerisce di non urinare al primo stimolo, perché si rischia di doverlo fare una seconda volta prima della pausa pasto o della fine del turno; né di rimandare troppo, poiché l’eccessiva contrazione dei muscoli del pavimento pelvico rallenta il passo. Siamo come auto di Formula 1 che si giocano l’esito di una gara sui tempi del pit-stop. La differenza è che nel nostro caso siamo chiamati a indovinare quando svuotare il serbatoio e non riempirlo.
Altro elemento cruciale è la memorizzazione della topografia dei gabinetti: occorre abbinare l’espletamento della specifica funzione fisiologica con l’itinerario di prelievo di un articolo che preveda il transito in prossimità di un bagno. Nondimeno, per quanto ci si prodighi nel razionalizzare le pisciate, incombe sempre la minaccia di scoprire – mentre il creapopoli sta facendo capolino tra i denti della cerniera per ottimizzare i tempi – che gli orinatoi sono tutti impegnati. È un’esperienza terribile, soprattutto con la vescica ormai predisposta al rilascio. Per quale ragione Mister Al non ha previsto un numero sovrabbondante di servizi igienici? Temeva potesse ridurre il contributo individuale dei picker al processo di ottimizzazione delle soste? Risparmiatevi il suggerimento di memorizzare il numero di orinatoi presenti in ogni bagno e confrontarlo con quello dei carrelli in sosta davanti l’ingresso: dimostrereste di ignorare le dinamiche specifiche dell’ambiente di lavoro; un ambiente da cui è bandita la solidarietà, perché la tua iattura è la mia fortuna, e la maggior parte dei picker lascia di proposito il carrello in posizione defilata per indurre in errore i competitori e fargli accumulare ritardo.
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