“un libro che non vuol significare nulla” Giulio Mozzi

E dunque, cara lettrice, caro lettore, io ora qui, nella mia qualità di prefatore, dovrei fornirvi delle buone ragioni, o almeno una buona ragione, per leggere un libro che s’intitola Sommario semiesauriente delle maialate. Un titolo, ne converrete, poiché anch’io ne convengo, davvero orribile. Eppure è un titolo, c’è poco da fare, che fa il suo lavoro (se sei qui che sfogli, che leggucchi, vuol dire che il titolo ha fatto il suo lavoro). E perché lo fa, lo capiremo alla fine (di questa prefazione).

E dunque: questo, levàtevelo subito dalla testa, non è uno di quei libri che si leggono con una mano sola. O forse sì: ma la mano libera non andrà a toccare, spalpugnare, eccetera, parti del corpo umano (del tuo corpo, lettrice, del tuo corpo lettore) bensì un qualunque dizionario o strumento enciclopedico, magari meglio un Melzi di uno Zingarelli,  o – sarebbe l’ideale – il Colombo[1]. Non c’è ombra di pornografia né di erotismo, in questo piccolo libro, o piuttosto: c’è un erotismo, e direi piuttosto intenso, ma il cui oggetto non è la carne, non sono le carni, bensì queste cose che state guardando ora: le parole.

Con ordine. Il procedimento costruttivo è questo. Immaginare una perversione è piuttosto facile. A tutti sarà capitato, che so, di sognare di far l’amore con un fenicottero, di provare il desiderio di essere arrostiti, di provare piacere in un’improvvisa mutilazione. Sono cose che càpitano. Il lavoro di Eusebio Gnirro, questo sant’uomo, consiste nel prendere lucidamente sul serio questi labili sogni, questi fugaci desideri, questi lancinanti piaceri. Una volta che qualcosa è preso sul serio, ci si può costruire su. Si ragiona. Si fanno inferenze. Lo Gnirro è un uomo privo di fantasia, ma è ricchissimo di immaginazione. La fantasia è la facoltà che permette di collegare istantaneamente oggetti del pensiero lontanissimi tra loro; l’immaginazione è la facoltà che permette, dati due oggetti del pensiero, di formarne con mezzi logici un terzo, e quindi, replicando replicando replicando l’operazione, di mettere al mondo un intero popolo di oggetti del pensiero.

È un’operazione borgesiana? Si parva licet, sì: è un’operazione squisitamente borgesiana. E anche, oso dirlo, un’operazione squisitamente bolagnana: come nel celebre La letteratura nazista in America, dove Roberto Bolaño tratteggiava un intero panorama letterario del tutto inesistente, così qui lo Gnirro si guarda bene dal trattare perversioni che, tra i predicati loro applicabili, abbiano quello dell’esistenza. Anche se, va detto, nel campo delle perversioni, non si sa mai.

Perché poi l’Eusebio Gnirro abbia applicato il suo ingegno alle più bizzarre perversioni sessuali anziché, per dire, ai metodi per l’osservazione del volo degli uccelli o alle tecniche di disposizione delle merci nei supermercati, temo che resterà un mistero. Ma, in fondo, che importanza ha? Perché ciò che interessa, palesemente, allo Gnirro, e anche a noi, e anche a voi, cara lettrice, caro lettore, non è l’oggetto del racconto in sé: le perversioni, eccetto che per chi ci è implicato, sono la cosa più noiosa del mondo. Quando al vostro amico che gode nel leccare il piede non lavato voi, per carità cristiana, concedete la sera, dopo il duro lavoro nei campi e nelle stalle, l’uso di una vostra estremità, è chiaro che per lui il godimento è grande, ma per voi, benché nel frattempo vi sia sempre possibile dare una sbirciata al telegiornale o sfogliare distrattamente un Tex o I promessi sposi, la faccenda è di una noia mortale.

Ma se la materia materiale è irrilevante, qual è dunque la materia di quest’opera? È il movimento costruttivo dell’immaginazione, come abbiamo già detto, ed è la festa del linguaggio, come diremo ora.

Non è, quello del nostro Eusebio, un linguaggio gaddianamente carnevalesco, o carnevalescamente gaddiano; non troverete, in questo libricino o libriccino (entrambe le forme, sappiàtelo, sono autorizzate dalla Crusca) la parola da assaporare, da rigirare in bocca come un bonbòn o come un boccone di bagna càuda, da farci schioccare poi la lingua come dopo la deglutizione di un bel vino nero, forte, asciutto; no; in questo libriccino o libricino troverete il tecnicismo usato con nonchalance, l’algore della meticolosa precisione, la prudenza sintattica del trattatista. Se un piacere sembra provare, lo Gnirro, in questo Sommario, è quello – inaspettato – di una sempre presente e leggera riluttanza. Se Maurice Blanchot proclamava che «Il faut tout dire. La première des libertés est la liberté de tout dire»[2], il nostro autore sembra trovare la propria libertà nell’arrivare a dire un po’ alla volta, sempre un po’ cerimoniosamente, sempre mostrando l’oggetto indirettamente, di sguincio – salvo, di tanto in tanto, sfruttare sapientemente i rudi mezzi della brutalità, come per esempio, con effetto di particolare eleganza, qui:

Mexican Avalanche è la formula che viene comunemente adottata per indicare la prassi, assai diffusa in Messico, consistente nell’eiaculare sui capelli della donna e scaraventarla giù da una rampa di scale prima che il seme si rapprenda.

Dove, volendo cercare un padrino stilistico per lo Gnirro, dopo averlo dotato di ben due padrini nel procedimento immaginativo, penso di poter dire: Bontempelli. Il Bontempelli di Nostra Dea e di Eva ultima, più che de La vita intensa e La vita operosa. il Massimo Bontempelli, al quale il suo maggiore studioso, Ugo Piscopo, attribuiva una «immaginazione dalle pareti lisce»: e cosa voglia dire questa ardita metafora, lettrici e lettori capiranno.

E ciò detto, un’ultima cosa mi resta da dire. Questo non è un libro sull’attività sessuale. Questo non è un libro contro l’attività sessuale. Questo non è un libro che proponga attività sessuali pericolose (più o meno come Madame Bovary non è un romanzo che ìstighi al suicidio). Ma, soprattutto, questo non è – o almeno così a me pare – un libro allegorico. Mi sono domandato se tutto questo armamentario perversuale messo in opera dallo Gnirro voglia, alla fin fine, significare qualcosa. E, alla fin fine, dopo molto aver ragionato e meditato, ho concluso: no, questo libro non vuol significare nulla, al di là di ciò che c’è scritto dentro.


[1] Giovanni Battista Melzi, Nuovo Dizionario Universale della Lingua Italiana, Storico, Geografico, Scientifico, Biografico, Mitologico, Ec.; Nicola Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana; Giuseppe Colombo, Manuale dell’ingegnere.

[2] «Bisogna dire tutto. La prima libertà è la libertà di dire tutto».

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Author: turi

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